Ogni anno gli italiani consumano 10 miliardi di litri di acqua minerale in bottiglia, sebbene non vi sia nessun motivo di carattere terapeutico né motivi di sicurezza per giustificare questa scelta. È quanto conferma un'analisi condotta da Altroconsumo che ha esaminato 42 marche di acque minerali naturali valutando la presenza di nitrati, arsenico, manganese, nichel e altri metalli, la cui presenza è tollerata, secondo la normativa, entro certi limiti, così come avviene per l’acqua di rubinetto. Sono stati inoltre cercati eventuali contaminanti derivanti dai processi di disinfezione degli impianti, come i composti organoalogenati, e anche l’antimonio, sostanza usata per la produzione della plastica.
Altroconsumo ha poi focalizzato l’attenzione sul “residuo fisso”, ovvero l’insieme dei solidi disciolti, parametro che si utilizza per classificare le acque potabili.
La maggior parte delle acque testate sono “oligominerali” (hanno un residuo fisso inferiore a 500 mg/l); quattro sono “minimamente mineralizzate” (residuo fisso non superiore a 50 mg/l); mentre due sono minerali (residuo fisso compreso tra 500 e 1.500 mg/l) . Salvo diverse prescrizioni mediche è consigliabile bere acque con un basso contenuto in sali minerali, come le quelle oligominerali o minimamente mineralizzate. Le acque minerali servono a reintegrare i sali minerali persi con la sudorazione e dovrebbero essere consumate preferibilmente durante l’estate o in caso di attività sportiva. Quasi tutte le acque del rubinetto in Italia hanno un residuo fisso inferiore ai 500mg per litro, che le rende idonee al consumo giornaliero.
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