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Vaccini: non basta l’efficacia, ci vuole anche la sicurezza

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vaccini

“I vaccini prodotti in linee cellulari fetali umane contengono inaccettabilmente alti livelli di contaminanti del frammento di Dna fetale. Frammenti di Dna umano di lunghezza e profilo epigenetico simile si integrano spontaneamente nel genoma di linee cellulari primitive, un processo che può essere aumentato nel contesto dell’infiammazione”.


È quanto emerge dalla sintesi dello studio “Epidemiologie and Molecular Relationship Between Vaccine Manufacture and Autism Spectrum Disorder Prevalence”, condotto nel 2015 dalla biologa molecolare Theresa Deisher, di cui d parla più nel dettaglio la dottoressa Loretta Bolgan.

 


Dottoressa Bolgan, qual è la sua formazione professionale?

Sono laureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche e ho un dottorato di ricerca in Scienze farmaceutiche. Ho lavorato al Massachussetts General Hospital di Boston come biologa molecolare, dove ho svolto manipolazioni genetiche di virus e studi sulla cancerogenesi. Successivamente ho lavorato in un’azienda che si occupa di ricerca e sviluppo di kit diagnostic. Ho pubblicato i miei studi in questi primi anni di attività, per poi dedicarmi allo studio della tossicologia dei vaccini. Da oltre quindici anni lavoro come consulente tecnico di parte per vari studi legali e mi occupo di consulenze scientifiche sui danni da vaccino, spiegando se e quali componenti hanno causato problemi a chi ne ha fatto uso.


Secondo lei i vaccini servono?

Lo scopo per cui vengono prodotti i vaccini è per stimolare l’organismo alla produzione di anticorpi protettivi nei confronti di malattie infettive gravemente invalidanti, per le quali non esistono cure efficaci. Per capire se i vaccini servono, bisogna verificare se realmente sono in grado di proteggere la persona dalle malattie per le quali si vaccina, cioè se sono efficaci. Possiamo dire che i vaccini più efficaci sono quelli che hanno all'interno i virus attenutati, mentre quelli inattivati presentano più problemi di efficacia, motivo per cui è necessario l'uso di adiuvanti; tutti i vaccini necessitano di più richiami perché la risposta immunitaria tende a diminuire nel tempo.


Tuttavia, l’efficacia non è il solo fattore da prendere in considerazione per valutare se il vaccino serve, in quanto bisogna analizzare anche l’incidenza delle malattie per le quali si vaccina e il rischio di reazioni avverse. In Italia, ad esempio, a mio avviso le vaccinazioni contro malattie ormai debellate da tempo non hanno più motivo di essere fatte, e quelle contro malattie per le quali sono possibili cure o hanno un rischio molto basso di conseguenze gravemente invalidanti, sarebbero da utilizzare solo in caso di epidemie molto estese, dopo però un’attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio di reazioni avverse. Tra l’altro è bene precisare che i virus vaccinali sono delle popolazioni di virus mutanti, per cui vaccinarsi in Italia contro una malattia non impedisce il contagio in un Paese estero, dove il virus può presentare caratteristiche diverse.

Quindi, solo con un’accurata valutazione per ciascun vaccino del rapporto beneficio, inteso come efficacia e necessità di somministrazione in caso di epidemia, e rischio, inteso come incidenza di complicanze gravi, è possibile rispondere alla domanda posta inizialmente, in quanto anche se un vaccino è potenzialmente efficace e quindi di fatto serve, se utilizzato per prevenire malattie non più presenti e se causa reazioni avverse gravemente invalidanti, il suo utilizzo su larga scala non trova giustificazione».


I vaccini sono efficaci?

Va premesso che un vaccino è efficace se è in grado di proteggere l’individuo da una malattia, non se consente lo sviluppo degli anticorpi; inoltre, è ben noto che nessun vaccino possiede il cento per cento di efficacia, intesa come produzione di anticorpi vaccinali. In quest’ottica, in realtà, non ci sono studi che ci permettano di dire con certezza che i vaccini siano efficaci. La letteratura scientifica dimostra solamente la capacità dei vaccini di produrre gli anticorpi contro la malattia, ma questo non significa necessariamente essere protetti dal contagio. Il vaccino, inoltre, contiene dei surrogati del virus o del batterio che causano la malattia, modificati in maniera importante, a cui consegue quindi una risposta immunitaria molto diversa da quella che genererebbe il virus o il batterio originario. Per valutare l’efficacia vaccinale si dovrebbe analizzare un campione significativo di una popolazione colpita da epidemia e vedere quanti soggetti, tra i soggetti vaccinati e non, contraggono la malattia. Va fatto notare che sempre più frequentemente sono segnalate epidemie nelle popolazioni con alta copertura vaccinale.


E sulla sicurezza? Quali sono le possibili reazioni avverse da vaccino?

Per poter rispondere a queste domande bisogna analizzare due aspetti. Il primo riguarda le modalità con cui si effettuano gli studi sulla sicurezza. Il secondo, invece, è capire se le sostanze contenute nelle dosi vaccinali portano con sé problemi di sicurezza. Su questo secondo punto abbiamo già delle risposte, perché diversi studi ci confermano la tossicità di alcuni componenti dei vaccini. Un punto critico nella produzione dei vaccini è che alcuni tipi di contaminanti e residui di lavorazione potenzialmente pericolosi non vengono testati nel prodotto finale, poiché l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, consente alle aziende produttrici di analizzare i componenti del vaccino nelle prime fasi della produzione.

Eventuali alterazioni o mutazioni potenzialmente pericolose che potrebbero così presentarsi nel prodotto confezionato, hanno meno probabilità di essere scoperte. In più, per quanto riguarda gli studi di sicurezza, l’Agenzia consente che il monitoraggio attivo delle reazioni avverse conseguenti alla pratica vaccinale, venga effettuato soltanto nei primi giorni successivi all’inoculazione. In realtà, una reazione avversa, soprattutto di tipo autoimmunitario, può manifestarsi in tempi estremamente più lunghi rispetto al periodo in cui vengono registrate le reazioni acute delle prime ore o i primi giorni dopo la vaccinazione. Per questo, il nesso di causalità tra vaccini e patologie diventa difficilmente dimostrabile, data l’inadeguatezza dei tempi di monitoraggio stabiliti.


Cosa contengono i vaccini?

I vaccini contengono innanzitutto uno o più principi attivi, gli antigeni, che possono essere costituiti da un virus, un batterio o una frazione del virus o del batterio, opportunamente modificati in modo da stimolare il sistema immunitario, senza causare la malattia. Tra gli eccipienti troviamo i conservanti e l’adiuvante, che si inserisce in particolare nei vaccini inattivati o costituiti da frazioni di antigene, con la funzione di causare un’infiammazione locale in grado di attivare la risposta immunitaria. Senza l’adiuvante il vaccino è totalmente inefficace, tra quelli in commercio il più utilizzato è 1’alluminio. È importante ricordare che la risposta immunitaria si ha a partire da una certa età, poiché un neonato alla nascita o a tre mesi non ha alcuna capacità di produrre anticorpi a causa dell'immaturità del sistema immunitario, per cui vaccinare nella primissima infanzia non ha alcun senso per la copertura che si vuole ottenere.


E voi cos'altro avete trovato?

Grazie al Corvelva, il Coordinamento Regionale Veneto per la Libertà delle Vaccinazioni, è stato possibile finanziare e commissionare a un laboratorio qualificato per l’analisi del materiale genetico mediante sequenziamento con una tecnologia innovativa, l’analisi di sette vaccini attualmente in commercio. Tra questi, nel vaccino Priorix Tetra, il quadrivalente contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, è stata individuata la presenza di quantità di materiale genetico estraneo, in particolare umano, che non si possono definire residue. Abbiamo quindi chiesto all’Ema quali siano le conseguenze sulla salute umana legate alla presenza di questo Dna nelle dosi vaccinali. Questo ha risposto di essere già a conoscenza della presenza di tali impurezze e che gli studi in loro possesso ne assicurano l'innocuità e la non pericolosità. Pertanto non è necessario stabilirne un limite massimo tollerato.

Studi recenti condotti dalla dottoressa Deisher, biologa molecolare di fama mondiale, hanno invece dimostrato come il Dna fetale presente nei vaccini attenuati possa portare a delle ricombinazioni con il materiale genetico del soggetto vaccinato, rendendolo più soggetto a cancerogenesi e a patologie autoimmuni. Questo è un paradosso: non mangiamo mais geneticamente modificato a causa dei potenziali rischi per la salute, ma iniettiamo materiale genetico estraneo al nostro corpo all’interno del nostro organismo.


E per l'alluminio esiste una dose limite tollerata?

Va tenuto presente che la quantità di alluminio contenuta nei vaccini è quella ritenuta efficace per l’azione adiuvante, non la quantità sicura. Tra l'altro, la dose massima tollerata per i vaccini, non è ancora stata regolamentata, in quanto le linee guida internazionali fanno riferimento all’ingestione per via orale giornaliera continuativa di alluminio presente come contaminante negli alimenti, ma non tengono conto che l’assorbimento dell’alluminio in seguito all’ingestione o all’inoculazione è compieta-mente diverso, così come sono diverse le possibili reazioni avverse e la conseguente pericolosità. Con l’inoculazione, infatti, le cellule del sistema immunitario inglobano l’alluminio e lo trasportano in tutti i distretti del nostro corpo, compreso il cervello. Con l'ingestione la sostanza viene espulsa quasi completamente dall’organismo.


Esistono sostanze più sicure dell'alluminio?

Si stanno producendo sistemi adiuvanti che possano sostituire l’alluminio, ma il problema permane. L’adiuvante deve creare un’infiammazione che stimoli il sistema immunitario, ma questa è sempre causa possibile di reazione autoimmune. Al momento non è possibile eliminare l’uso degli adiuvanti senza rendere inefficace il vaccino. Se si riducesse la dose di alluminio, si dovrebbe compensare tale riduzione con l’aumento di altre sostanze, comunque dannose.


E la formaldeide, che ruolo ha?

La formaldeide denatura le proteine presenti nei vaccini (ad esempio le tossine del tetano e della pertosse) in modo che siano in grado di stimolare la formazione di anticorpi senza causare la malattia. Un altro suo effetto è quello di degradare il Dna presente nel vaccino, tra cui i virus della poliomielite nel vaccino esavalente, con la conseguenza che nelle nostre analisi non abbiamo riscontrato la presenza di tali antigeni. L’Ema ha risposto spiegando che prima che avvenga la degradazione dell’antigene si forma una proteina antigenica chiamata antigene D, di cui però non è dimostrata clinicamente l'efficacia. Infine, la formaldeide può essere presente come residuo di lavorazione nei vaccini e scatenare reazioni allergiche.

http://www.informasalus.it/it/articoli/vaccini-efficacia-sicurezza.php


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